Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si propone di estendere ai cittadini omosessuali o transessuali la medesima protezione, contro possibili discriminazioni o contro delitti motivati dall'odio nei confronti di determinati gruppi sociali, che la legge già assicura ad altre categorie di cittadini oggetto di simili discriminazioni, violenze o persecuzioni, introducendo così nell'ordinamento italiano, o meglio rendendo esplicita, la vigenza di un principio di non discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale suscettibile anche di eventuali applicazioni analogiche. Si stabilisce, inoltre, un generale principio di tutela del diritto alla riservatezza sessuale e si dettano norme antidiscriminatorie a tutela degli omosessuali nella scuola e in materia di assicurazioni sanitarie. La proposta inoltre prevede l'inserimento del concetto di identità di genere a sostituzione dell'indicazione «sesso», prevedendo la modificazione della normativa che interviene in materia di non discriminazione basata sul sesso, in quanto si ritiene questa definizione riduttiva e estremamente limitata: il concetto di appartenenza di sesso infatti sembra troppo legato alla mera questione fisica e biologica mentre con la definizione «identità di genere» si vuole indicare un concetto più ampio e complessivo di tutti gli aspetti che concorrono alla formazione

 

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dell'identità di ogni singola persona e che ne costituiscono parte integrante.
      La proposta di legge si propone di dare piena attuazione alle indicazioni contenute nella risoluzione approvata l'8 febbraio 1994 dal Parlamento europeo «Sulla parità di diritti per gli omosessuali nella Comunità», nonché nelle precedenti risoluzioni in materia antidiscriminatoria dello stesso Parlamento, approvate fra il 1984 e il 1990: da quella più dettagliata ed espressamente rivolta contro le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale, proposta dall'eurodeputata italiana Vera Squarcialupi e approvata il 13 marzo 1984, a tutte quelle che più sinteticamente ribadivano la necessità che venissero adottate legislazioni antidiscriminatorie in vari campi negli Stati membri, che tenessero conto, fra le altre e allo stesso titolo, anche della discriminazione anti-omosessuale (D'Ancona 1o giugno 1986, Parodi 26 maggio 1989, Buron 22 novembre 1989, Ford 23 luglio 1990), rimaste tutte senza seguito in Italia, così come è parimenti rimasta senza seguito la raccomandazione n. 924 approvata dal Consiglio d'Europa il 10 ottobre 1981, «Sulla discriminazione contro gli omosessuali». Queste risoluzioni hanno preceduto l'inclusione nel Trattato di Amsterdam, di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209, di una disposizione sulla produzione di norme antidiscriminazione comunitarie (articolo 13), alla luce della volontà di estendere le normative antidiscriminazione già fondate su sesso (noi diremmo identità di genere), razza, origine etnica, religione, opinioni, handicap fisici o età, anche all'orientamento sessuale. Tali princìpi sono stati affermati anche nella risoluzione «Sulla parità di diritti per gli omosessuali nell'Unione europea» approvata dal Parlamento europeo il 17 settembre 1998 e nelle risoluzioni generali in materia di diritti umani approvate il 17 settembre 1996 e l'8 aprile 1997.
      Queste risoluzioni, insieme alla citata raccomandazione n. 924 approvata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 1o ottobre 1981 sono rimaste senza seguito in Italia.
      La stessa Assemblea ha approvato infine, il 26 settembre 2000, la raccomandazione n. 1474 rivolta a tutti gli Stati membri al fine di introdurre una completa legislazione antidiscriminatoria, di riconoscere la parità di diritti per le coppie omosessuali e di introdurre il divieto di discriminazione basata sull'orientamento sessuale nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. Analoga raccomandazione era già stata approvata dalla stessa Assemblea il 6 giugno 2000, invitando gli Stati membri a riconoscere la persecuzione degli omosessuali come causa del riconoscimento del diritto d'asilo nel proprio territorio e a riconoscere il diritto di immigrazione per le coppie dello stesso sesso binazionali.
      La presente proposta di legge si propone di recepire le risoluzioni e le direttive del Parlamento europeo, seguendo il passo delle legislazioni già vigenti in numerosi Paesi membri. Gli articoli 1 e 2 intendono parificare la situazione dei cittadini omosessuali a quella dei cittadini o appartenenti ad altri gruppi sociali oggetto di reiterati tentativi di discriminazione o persecuzione o di campagne di odio. Si tratta di estendere agli omosessuali, in base al principio dell'uguaglianza di trattamento di situazioni giuridiche sostanzialmente fra loro identiche, la stessa protezione già assicurata ad altri gruppi parimenti a rischio, in casi sostanzialmente identici di discriminazioni, persecuzioni o delitti causati dall'odio verso tali gruppi. Le norme in questione intendono mettere l'Italia al passo con le più comprensive legislazioni anti-discriminatorie già vigenti da anni in altri Paesi europei ed extraeuropei (Danimarca, Francia, Norvegia, Olanda, Svezia, Svizzera, Finlandia, Islanda, numerosi Lander tedeschi, nuova Costituzione del Sudafrica).
      L'articolo 1 estende al caso della discriminazione causata dall'orientamento sessuale del lavoratore la protezione garantita dall'articolo 15, secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, cosiddetto
 

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«Statuto dei lavoratori», contro le discriminazioni causate da motivi politici, religiosi, razziali, di lingua o di identità di genere. Estende inoltre a quelle fondate sull'orientamento sessuale il divieto di discriminazioni fondate sull'identità di genere, in materia di assunzioni, di attribuzioni di qualifiche e mansioni e di progressioni di carriera, stabilito dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903, sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro. Va rilevato come le norme in questione si applichino sia al rapporto di lavoro privato sia al pubblico impiego. La modifica proposta al comma 1 dell'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, recante «Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro», modificato recentemente dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 145, che ha integrato e specificato il contenuto della citata legge n. 903 del 1977, oltre a ribadire tale indirizzo, mira a rendere applicabile il meccanismo sanzionatorio previsto dal comma 9 dello stesso articolo 4.
      L'articolo 2 estende ai delitti motivati dall'odio nei confronti degli omosessuali la protezione garantita alle minoranze razziali, etniche, nazionali o religiose dalla legge contro le attività aggressive di gruppi estremisti. A tale proposito va sottolineato come la mancata previsione degli omosessuali fra i gruppi sociali menzionati dalla legge vigente potrebbe tradursi in una non voluta istigazione, rivolta a tali gruppi estremisti, a riversare la propria aggressività nei confronti dell'unico fra i gruppi sociali da questi avversati che risulta non garantito da una specifica tutela penale: l'aggressione nei confronti di cittadini e organizzazioni omosessuali viene infatti a configurarsi come l'unico delitto relativamente meno costoso, in termini di repressione penale, rispetto agli altri tipizzati dalla legge.
      L'articolo 3 stabilisce un principio generale di tutela del diritto alla riservatezza sessuale. Si propone in tale senso di esplicitare in riferimento a qualsiasi autorità pubblica priva dei poteri dell'autorità giudiziaria i vincoli posti dall'articolo 20 del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, in ordine al trattamento dei dati sensibili. A complemento di tale normativa di carattere generale si prevede la distruzione, entro il termine di un mese dalla data di entrata in vigore della legge, degli articoli, fascicoli o elenchi eventualmente esistenti alla data di entrata in vigore della legge, fatta eccezione per le associazioni e i gruppi fondati per il riconoscimento e la tutela dei diritti delle persone sulla base del loro orientamento sessuale.
      Con l'articolo 4 ci si propone di parificare ad ogni effetto giuridico la condizione del convivente more uxorio omosessuale a quella del convivente more uxorio eterosessuale. Si tratta di una norma di natura transitoria, volta a rendere applicabile, fra l'altro, l'elaborazione giurisprudenziale fin qui accumulatasi in materia di convivenza, in attesa che il Parlamento legiferi sull'intera questione relativa alle famiglie di fatto e al riconoscimento delle unioni civili.
      Con l'articolo 5 ci si propone di evitare che nell'ambito della scuola si perpetuino e si tramandino pratiche razziste, «bulliste» o discriminatorie, e soprattutto di tutelare i giovani omosessuali da ogni intervento «rieducativo» colpevolizzante o traumatizzante, sia nello svolgimento della normale attività didattica, sia nell'ambito di corsi di informazione o di educazione sessuale che dovessero essere istituiti da eventuali riforme legislative o che già ora si svolgano a titolo sperimentale. Con la formulazione proposta si intende indicare che la presenza, in una determinata classe, di scolari o di studenti omosessuali, è sempre reale ed anzi statisticamente probabile, indipendentemente da ogni precoce esercizio di coming out, e che compito della scuola è quello di educare principalmente al rispetto delle diversità e del pluralismo.
      L'articolo 6 stabilisce l'illiceità di ogni riferimento e di ogni indagine relativi all'orientamento sessuale dell'assicurato o dell'assicurando nei contratti di assicurazione sanitaria e nel loro procedimento di formazione, e la nullità dei patti tendenti a rendere più oneroso per l'assicurato il
 

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contenuto di tali contratti in dipendenza del suo orientamento sessuale. È evidente il rilievo che questa norma potrebbe assumere in futuro, in considerazione del più ampio ruolo che sembra destinato ad essere attribuito anche in Italia alle assicurazioni private in campo sanitario: e ciò sia in rapporto ad una generale esigenza di tutela della privacy, sia in relazione alla diffusione dell'AIDS, ancor oggi, sia pure a torto, ritenuta statisticamente correlata all'orientamento sessuale anziché all'adozione di comportamenti a rischio che non ne sono la conseguenza. Tale norma si preoccupa di introdurre nella regolamentazione del settore delle assicurazioni sanitarie private un precedente molto importante in relazione agli sviluppi tecnologici che renderanno ben presto attuale il problema delle conseguenze sociali e giuridiche della individualizzazione dei rischi sanitari resa possibile dalla mappatura del patrimonio genetico individuale.
      La presente proposta di legge è per buona parte frutto di numerosi contributi, studi e critiche, elaborati da giuristi/e, e associazioni gay e lesbiche a cui va il nostro ringraziamento.
 

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